lolita
è da un pezzo che lo so, tra poco dovrei avviarmi al lavoro. anzi, a dirla tutta, a dire proprio la verità, dovrei esserci in questo istante, lì a scavare tra i rifiuti; a quanto pare ieri è emersa una vena di latte in polvere.
invece do un altro morso alla mia banana e volto la pagina. quante ore sono che mi dico prossimo capoverso basta, arrivo al punto e basta, finisco la frase e basta?
vado avanti.
era entrata nel mio mondo, nell' umbratile e umorosa Humbertlandia, con impudente curiosità; lo aveva esplorato con un'alzata di spalle di divertito disgusto; e ora mi sembrava pronta a lasciarlo, mossa da qualcosa di molto simile al puro e semplice ribrezzo.
lo stile affascina, ma non bisogna crederci troppo. avevo cominciato 'ada o ardore' sempre ammesso che si chiamasse così, e l'ho dovuto abbandonare nel giro di una trentina di pagine. il prezioso linguaggio e i giochi di parole che si accettano da una mente torbida non te li aspetti in un libro che parla di... di? non ricordo, ero distratta, quel romanzo non mi piaceva.
mentre lolita. oh, lolita.
la prima volta, mi stravolse la mente. maledetta immaginazione impressionabile. finii per fare cose che non volevo fare, arrabbiarmi, enunciare affermazioni trascurabili, ferire gente a caso. sulle menti semplici la parola ha un valore magico - sacrale, pare. e così fu allora, per me; non ero abbastanza sveglia per ingaggiare duello con humbert o con l'autore, mi lasciai convincere, ebbi fiducia.
ritrovarsi in mano questo libro in un giorno di nebbia, di quelli in cui ogni catasta di immondizia sembra nascondere un amico e viceversa, mi è sembrato un dono o una maledizione. l'ho tenuto lì per un po' ci giravo intorno, chiedendomi 'dovrò leggerlo di nuovo, visto com'è andata l'ultima volta?'
la voglia è sempre più forte delle paure.